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venerdì 16 febbraio 2007

La storia nella rete

Da Matteo Pasetti/La storia nella rete: conversazione con Serge Noiret, «Storicamente», 2 (2006), http://www.storicamente.org/02_tecnostoria/strumenti/02noiret.htm

.... Circoscrivendo il nostro campo d’osservazione alla storia e al lavoro dello storico, due sono le domande più immediate: che cosa può trovare sul Web, nel momento della ricerca, lo storico? E come trovare e utilizzare le risorse della rete?

La rete è una fonte instabile: non è detto che ciò che puoi trovare oggi, lo potrai trovare anche domani, e soprattutto che lo potrai trovare nelle stesse identiche forme o con contenuti invariati. Questo è evidentemente il primo problema che incontra chi fa ricerca storica sul Web, anche se ormai esistono in molti paesi industrializzati dei progetti internazionali di gestione dei contenuti di rete, che vengono quindi archiviati e possono essere recuperati sia in una prospettiva di conservazione che di accesso. La risposta alla prima domanda, dunque, presuppone già una certa conoscenza della rete, di ciò che si può trovare e soprattutto di quello che non si può trovare.

Per quanto riguarda la seconda domanda, ritengo sia sufficiente agire con la ‘mente’ dello storico e in base alle necessità proprie della ricerca storica. Sebbene i materiali on line siano spesso privi di un contesto filologico, poiché non sono stati creati a fini storiografici, non per questo vanno ignorati. Piuttosto, quando ricorriamo al Web per fare ricerca, è indispensabile adottare un metodo critico appropriato.

D’altra parte, è ciò che lo storico deve fare a prescindere dalle fonti che intende utilizzare; o più precisamente, ogni tipo di fonti richiede un peculiare e adeguato approccio critico. Torneremo in seguito su tale questione metodologica. Per ora, è forse il caso di accennare a una strategia di ricerca che sembra particolarmente efficace nel Web, quasi fosse connaturata nel concetto stesso di navigazione in rete: ne hanno già segnalato le potenzialità Stefano Vitali [2], recentemente, e prima ancora Carlo Ginzburg [3]. Mi riferisco alla serendipity...

...ovvero alla possibilità, o alla capacità, di scoprire, un po’ per caso e un po’ per abilità, cose che non si stanno cercando. In effetti, è abbastanza frequente viaggiare nel Web senza sapere con precisione cosa si cerca, ma trovando comunque qualcosa che ci serve, o che ci fornisce idee, spunti, informazioni utili. In altri termini, il Web permette di trovare cose pertinenti alla ricerca che si sta svolgendo anche in modo più o meno casuale, non sistematico. Rimane fondamentale, però, sapere che tipo di contributi il Web offre al lavoro dello storico. Sostanzialmente, tali contributi possono essere raggruppati in tre distinte categorie: servizi (anche per la didattica della storia), storiografia, e fonti.
...

Eccoci, dunque, al capitolo relativo alle fonti: anche da questo punto di vista il Web offre allo storico varie opportunità?

Non c’è dubbio, se non altro per la possibilità di consultare sia archivi ‘inventati’, nel senso che non esistono in alcun luogo fisico, come il September 11 Archive, che testimonia come gli storici del domani dovranno confrontarsi quasi esclusivamente con le fonti digitali; sia archivi di meta-fonti, che raccolgono cioè riproduzioni digitali di documenti realmente conservati, rendendoli quindi più facilmente accessibili, come l’American Memory, o il francese Gallica, o, in Italia, gli archivi audiovisivi delle Teche Rai e dell’Istituto Luce, o i molti progetti digitali della Biblioteca nazionale centrale di Firenze.

È del tutto evidente che la rete permette ai media contemporanei di esprimersi al massimo, poiché è possibile digitalizzare ogni prodotto, compresi naturalmente quelli audiovisivi. Tuttavia, anche qui, come quando parlavo delle diverse storiografie presenti nella rete, non sempre si tratta di documenti ‘nobili’, architettati con rigore filologico: è un discorso che riguarda soprattutto le fotografie che si trovano sul Web, che - tranne negli archivi strutturati e catalogati o nei progetti scientifici accademici che descrivono con precisi meta-dati il materiale fotografico disponibile (si pensi per esempio al progetto Imago) - non sono quasi mai archiviate secondo criteri ‘storiografici’ (autore, luogo, data, ecc.). Ma essendo le fotografie sul Web spesso prive di un apparato filologico di riferimento, lo storico che intende servirsene è obbligato ad analizzare criticamente i contesti di rete nei quali vengono inserite le fotografie. Le immagini rimangono documenti utili da un punto di vista storiografico; ma acquisisce importanza soprattutto il sito che le contiene, che rappresenta il contesto che plasma il senso stesso delle fotografie. L’analisi del sito diventa quindi fondamentale per la comprensione delle singole fotografie, e più in generale di tutti i documenti digitali inseriti nei siti.

Come si possono utilizzare allora le immagini presenti sul Web?

A mio parere, vanno utilizzate dichiarando semplicemente dove si trovano, ma con un approccio critico, che tenga presente che non si possono isolare le immagini dal resto del sito, che tutto il corredo alle fotografie costituisce un documento per la storiografia. Si tratta di analizzare l’intero contesto di diffusione e comunicazione delle immagini [7].

D’altra parte, come abbiamo già detto, l’analisi di qualsiasi sito richiede l’applicazione di un metodo critico appropriato al medium. A tal fine, già negli anni Novanta sono stati individuati, da bibliotecari e documentaristi, alcuni criteri analitici e descrittivi fondamentali, come l’accuracy, l’authority, l’objectivity, la currency e la coverage. In seguito, altri sono stati introdotti e revisionati di recente, nel corso di un’indagine sulla sitografia italiana di storia contemporanea [8]: l’utilizzabilità, la trasparenza, la conservazione e la stabilità dei siti, oltre alla definizione di una grammatica capace di carpire la specifica fisionomia mediatica della rete e dell’ipertesto. Ma si tratta di un insieme di criteri ancora in via di definizione. Per ora, vorrei concludere con l’invito a pensare il nuovo medium ricorrendo a una semiotica della comunicazione attraverso la rete, per verificare innanzitutto quanto questo medium possa trasformare il senso di tutti i contenuti che presenta. Torniamo così all’idea che siamo di fronte a un medium di convergenza degli altri media; e in quanto tale, a un medium che ridefinisce il senso di tutti gli altri media.

[2] S. Vitali, Passato digitale. Le fonti dello storico nell’era del computer, Milano, Bruno Mondadori, 2004, 84-88.
[3] C. Ginzburg, Conversare con Orion, «Quaderni storici», n.s., 108, 2001, 905-913.
[7] Cfr. S. Noiret, Immagini in rete di un’esecuzione: Beit Hanina, Gerusalemme, 8 marzo 2002, Memoria e ricerca», n.s., 20, 2005, 169-195.
[8] A. Criscione, S. Noiret, C. Spagnolo, S. Vitali (eds.), La storia a(l) tempo di Internet. Indagine sui siti di storia contemporanea 2001-2003, Bologna, Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Pàtron, 2004.

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